ID2299, la cui luce ha impiegato 9 miliardi di anni per raggiungerci, sta perdendo metà del gas per creare stelle.
Secondo uno studio pubblicato lunedì 11 gennaio 2021, gli astronomi sono stati in grado di osservare per la prima volta una galassia lontana in procinto di "morire" dopo aver perso circa la metà del gas utilizzato per creare le stelle.
Dati raccolti dal telescopio Alma di l'European Southern Observatory (ESO), in Cile, suggerisce che questo fenomeno, solitamente attribuito all'effetto di un buco nero, è qui il risultato della collisione di questa galassia con un'altra.
ID2299 è così distante che la sua luce ha impiegato 9 miliardi di anni per raggiungerci. Si osserva che in quel momento l'Universo aveva solo 4,5 miliardi di anni.
Questa galassia di forma ellittica "sta vivendo un fenomeno piuttosto estremo, mai osservato a una tale distanza", dice Emanuele Daddi, astrofisico del Saclay Nuclear Research Center (che dipende dal CEA), coautore dello studio pubblicato su Nature Astronomy e condotto da Annagrazia Puglizi, della British University of Durham.
ID2299 "sta espellendo più della metà del suo gas, il suo carburante per la formazione stellare", a un ritmo fenomenale, equivalente alla massa di 10.000 soli all'anno", ha spiegato.
Questo, pur continuando a consumare questo stesso gas per produrre stelle ad una velocità molto elevata, con una massa equivalente a circa 550 volte il nostro sole. In confronto, la nostra galassia, la Via Lattea, ne produce l'equivalente di tre all'anno.
In queste condizioni, la galassia dovrebbe diventare sterile in poche decine di milioni di anni, in pochissimo tempo su scala cosmica.
Lo studio ricorda che finora una simile "fuga" di gas è stata spiegata dall'effetto dei venti causati dalla formazione stellare o dall'attività di un buco nero supermassiccio situato nel nucleo galattico.
Ma "abbiamo potuto dimostrare che un altro meccanismo è all'opera, con una collisione di galassie (...) già avvenuta", secondo Emanuele Daddi.
Per Chiara Circosta, coautrice dello studio e ricercatrice all'University College di Londra, citata in un comunicato dell'European Southern Observatory (ESO), l'osservazione effettuata con Alma “aggiunge nuova luce sui meccanismi che fermano la formazione stellare. in galassie lontane”.
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