05 marzo, 2017

Il vivaio delle Start Up è nordafricano. Terreno fertile e fiorente.

Il Nord Africa assiste ad un pullulare di start-up sociali, un terreno fertile per la nuova economia. Tunisia, Egitto e Marocco. 
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Frigoriferi nel deserto, un bracciale che impedisce gli attacchi di cuore, o Bassita, sistema di raccolta di fondi di beneficenza: innovazioni e solidarietà abbondano in questi tre paesi, posizionati in prima linea nell'imprenditoria sociale. 

Oxford Business Group segnala che il Marocco oggi è forte di più di 250 start-up. African Manager dice che la Tunisia, tra un centinaio di giovani energie, si attesta tra le prime 10 posizioni, è 7ᵉ nella classifica Seedstars World. L'Egitto spazza via tutti i record, riporta Mashable, con migliaia di start-up nate tra il 2012 e il 2013, rilevate dall'Istituto di censimento egiziano. 

Come spiegare la rapida crescita di tali società in paesi con indicatori economici così fragili? 

Lo leggiamo su Journal Du Net che riporta Mattermark, con i dati del 2015 (suggerirei di leggerlo, soprattutto a quelli impegnati in varie campagne elettorali, associazioni varie ...), anche se, per diversi anni, le start-up si sono per lo più sviluppate in settori quali mailing e dating, dopo il periodo 2012-2015 hanno individuato il settore bancario, la salute, il prestito, il bitcoin, e l'e-commerce, ecc.. 

Le aree di attività più tradizionali come il trasporto e l'alloggio rappresentano anch'esse una preoccupazione centrale, con l'obiettivo di consumare in modo diverso e promuovere l'assistenza sociale. Secondo i diversi atlanti delle start-up che si concentrano su gli ecosistemi europei, troviamo le stesse tendenze di ricerca di economia collaborativa, big data, il MOOC o crowdfunding o "il potere finanziario della folla". 

Questa tendenza verso l'economia cosiddetta collaborativa trova il suo significato più pieno nei paesi emergenti, dove le start-up sono sempre più attive da poco meno di dieci anni. Questi paesi hanno cominciato a interessare donatori stranieri e, da allora, sono nati diversi programmi di accelerazione di start-up, come ad esempio Flat6labs in Tunisia o Innov Invest e Numa in Marocco, e non aspettano le grazie e lungaggini della banca mondiale. 

Questi fondi stranieri contribuiscono a soddisfare la necessità di un finanziamento di questo tipo di imprese considerate volatili e insicure, per le quali il conseguente tradizionale finanziamento bancario classico rimane riluttante e reticente nell'affrontare un poco rapido rientro degli investimenti. Va notato che questi paesi hanno mantenuto una metodo di finanziamento di tipo continentale che è basato, in primo luogo, su istituti bancari. Per i giovani imprenditori è forse l'unico tipo di finanziamento disponibile. 

Tralasciando il "gap finanziario" del settore bancario, che in questi paesi ha rifiutato di finanziare le start-up, gli investitori esteri (fondi di investimento, acceleratori di investimento) ne hanno intravisto il, tutt'altro che trascurabile, potenziale sociale. 

Queste aziende sono costituite da giovani con un'età media tra i 25 ei 32 anni (secondo le statistiche tunisine dell'Institut National, INS e dell'Istituto Nazionale di Statistica e di Economia applicata del Marocco). Questi ed in particolare i giovani laureati sono terrorizzati dalla paura della disoccupazione ormai endemica, quasi un morbo dilagante  al limite dell'indecenza. Secondo l'INS, nel 2016 la Tunisia ha sfornato 267 7000 laureati disoccupati per il terzo trimestre, con un tasso pari al 31,9% del totale dei disoccupati. 

Orbene, lo stesso profilo di questi giovani disoccupati, per lo più appassionati di nuove tecnologie, di talento, ambiziosl e per niente preoccupati dal cambiamento, rappresenta la caratteristica particolarmente ambita dagli investitori che scommettono sulla nuova economia. 

Le rivoluzioni in Egitto e Tunisia (2011), non hanno necessariamente rappresentato il punto di partenza di queste start-up, quanto piuttosto il catalizzatore, il motore della moltiplicazione delle stesse (The Economist). Questa nuova generazione ha capito che può cambiare le regole del gioco. La primavera araba ha reso disinibiti i giovani che hanno imparato che il cambiamento non è impossibile e che sono in grado di prendere il loro destino in mano. 

Dopo una più completa lettura delle start-up e dei giovani che hanno scelto la strada della imprenditorialità, ci si rende conto che un punto di forza accomuna la maggior parte di loro vuoi che siano tunisini, marocchini o egiziani: la sensibilità sociale. Consapevoli delle difficoltà economiche del loro paese, si sono lasciati coinvolgere dal desiderio di combattere la disoccupazione, creando le loro aziende, ma anche per migliorare la vita dei loro concittadini. 

Molti di questi start-uppers sono portatori di progetti nei settori dei trasporti e per la salute, l'obiettivo è quello di compensare gli investimenti pubblici insufficienti. 

Così BeThree, start-up tunisina, creata da tre studenti di ingegneria, è riuscita a sviluppare un braccialetto intelligente che rileva i bruschi cambiamenti di frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, prevenendo, così, un possibile attacco cardiaco. Questa start-up che è stata fondata nel 2015 nell'ambito di un laboratorio di Esprit (scuola di ingegneria a Tunisi) ha ventilato qualche mese fa la possibilità di una collaborazione con Wonka Lab, un acceleratore con sede a Los Angeles, California. "Il nostro periodo di incubazione in Esprit volge al termine, Wonka Lab si è offerto di aiutarci a crescere nel mercato statunitense", ha detto uno dei coponenti al quotidiano Le Monde.

Carmine è nato a Casablanca, promuove la condivisione delle automobili, una soluzione per i giovani attivi che non possono permettersi un veicolo. Vede le sue stazioni disponibili in crescita, l'azienda pensa di estendere il concetto per applicarlo ad altre città marocchine. 


Altri sono posizionati nel clickfunding, come Bassita, (unico in arabo) in Egitto, che ha utilizzato un meccanismo innovativo per la raccolta di fondi e per fornire l'accesso all'acqua potabile a più di 1.000 case. Questo modello ha permesso di finanziare nel 2014 migliaia di paia di occhiali per ricamatrici di una provincia povera. Nel 2015, 30 bambini che non avevano mai visto il mare, hanno trascorso una giornata presso il Mar Rosso. 

Safa, start-up marocchina, anch'essa lanciata anche dagli studenti, della scuola di ingegneri Mohammadia, ha sviluppato un filtro per l'acqua in argilla e legno. I creatori hanno deciso che il prodotto sia fatto da casalinghe e che parte delle entrate vadano ai progettisti o venditori. 

Tuttavia, in qualunque nazione e qualunque sia il settore di attività, oggi una start-up mostra sempre lo stesso tallone d'Achille: forte dipendenza da finanziamenti privati ​​durante la fase di avvio che può rendere fragile e alienata dai suoi finanziatori. 

Il futuro economico di questi paesi sarà comunque scritto a due mani dai governi e da queste start-up. L'obiettivo oggi è quello di portarle con successo all'attenzione delle politiche del governo per offrire loro le migliori condizioni legali e fiscali per le quali percorrono la loro strada. 
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