Responso divertente quello del New York Times giovedi scorso sullo storico inglese Simon Schama. Quest'ultimo aveva recentemente invitato le giovani generazioni a fermarsi nel vezzo di guardarsi l'ombelico durante i selfies, "eyeballing (tirando fuori gli occhi, parole sue)" un po' più dei loro simili.
Né l'una né l'altra cosa, la replica della giornalista Nina Siegal che rileva gran parte del lavoro del famoso pittore olandese Rembrandt essere basata su una certosina osservazione del corpo. Questo polemico excursus non è peregrino come dimostra una rassegna sul maestro della scuola olandese in corso ad Amsterdam fino al 17 maggio.
Le ragioni di questa teoria di autoritratti sono per lo più pratiche. Le opere del maestro, lungi dal proporre una bellezza tradizionale, indagano sull'umanità dei modelli resi visibili, dalle loro espressioni, ma anche dalle loro imperfezioni. Il professor Chapman, autore di un libro sul pittore dice:
"Rembrandt ha esplorato modi diversi di utilizzare le ombre negli occhi o le lentiggini intorno alla bocca e usato queste tecniche per dipingere ritratti lontani dall'ambito di una tradizione pittorica o di una visione storica".
Non va, naturalmente, trascurata la motivazione economica di Rembrandt. Molti dei suoi autoritratti sono stati venduti agli amanti dell'arte e soprattutto alla famiglia Medici.
Quanto alle ragioni più profonde dell'ossessione dell'artista per la sua riflessione, diverse ipotesi sono discusse. Per una volta, la teoria post-freudiana che il rappresentare della foto o della pittura sarebbe un modo per prendere coscienza di sé, il suo corpo e la sua mente, lascia il posto a una spiegazione più banale. In pittura, Rembrandt "guarda all'arte durevole, Raffaello, Tiziano, Dürer, reclama e consolida il suo posto nella storia", continua Chapman.
Ma il dipingere le proprie emozioni ha permesso a Rembrandt di meglio ricreare e capire quelle degli altri. Quindi, è "eyeballing" se stessi che si impara a capire meglio gli altri dicono Nina Siegal e Simon Schama, passando per Rembrandt.
Né l'una né l'altra cosa, la replica della giornalista Nina Siegal che rileva gran parte del lavoro del famoso pittore olandese Rembrandt essere basata su una certosina osservazione del corpo. Questo polemico excursus non è peregrino come dimostra una rassegna sul maestro della scuola olandese in corso ad Amsterdam fino al 17 maggio.
Le ragioni di questa teoria di autoritratti sono per lo più pratiche. Le opere del maestro, lungi dal proporre una bellezza tradizionale, indagano sull'umanità dei modelli resi visibili, dalle loro espressioni, ma anche dalle loro imperfezioni. Il professor Chapman, autore di un libro sul pittore dice:
"Rembrandt ha esplorato modi diversi di utilizzare le ombre negli occhi o le lentiggini intorno alla bocca e usato queste tecniche per dipingere ritratti lontani dall'ambito di una tradizione pittorica o di una visione storica".
Non va, naturalmente, trascurata la motivazione economica di Rembrandt. Molti dei suoi autoritratti sono stati venduti agli amanti dell'arte e soprattutto alla famiglia Medici.
Quanto alle ragioni più profonde dell'ossessione dell'artista per la sua riflessione, diverse ipotesi sono discusse. Per una volta, la teoria post-freudiana che il rappresentare della foto o della pittura sarebbe un modo per prendere coscienza di sé, il suo corpo e la sua mente, lascia il posto a una spiegazione più banale. In pittura, Rembrandt "guarda all'arte durevole, Raffaello, Tiziano, Dürer, reclama e consolida il suo posto nella storia", continua Chapman.
Ma il dipingere le proprie emozioni ha permesso a Rembrandt di meglio ricreare e capire quelle degli altri. Quindi, è "eyeballing" se stessi che si impara a capire meglio gli altri dicono Nina Siegal e Simon Schama, passando per Rembrandt.
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