Diverse città in Belgio hanno un quartiere in cui le prostitute mettono in vendita il loro fascino esposte alle finestre. Mentre le misure sanitarie le hanno costrette a cessare l'attività da molti mesi ormai, la pandemia non è l'unico fattore che potrebbe far scomparire questo settore, spiega De Standaard Weekblad.
"Non si sa molto sulla genesi dei quartieri a luci rosse del Belgio, a parte quelli che sono apparsi dopo la seconda guerra mondiale", scrive De Standaard Weekblad.
Prima c'era già la prostituzione nel quartiere di Schippers ad Anversa, come a De Wallen ad Amsterdam, "ma non in vetrina: la morale non lo avrebbe permesso".
Il fatto è che questi quartieri si sono sviluppati, principalmente a Bruxelles e Anversa, dove intere strade sono fiancheggiate da vetrine dietro cui le prostitute si espongono sotto luci al neon rosse e viola.
Forse bisogna dire che si sono esposte, perché le restrizioni sanitarie hanno costretto questi quartieri a spegnere le luci, al punto che il settimanale fiammingo si domanda in copertina se il settore della prostituzione alle finestre, già sotto il colpo di altre minacce, alla fine non si estingua. .
Mentre nei vicini Paesi Bassi la prostituzione è considerata una professione a pieno titolo - che dà accesso in particolare alla sicurezza sociale - in Belgio è piuttosto “tollerata”.
La prostituzione non è un crimine, a differenza della istigazione e del prossenetismo, ma una certa vaghezza circonda il settore.
Come spiega il quotidiano, i quartieri a luci rosse hanno visto una svolta alla fine del millennio:
"La presenza di prostitute straniere, marginale negli anni Ottanta, era diventata la norma.
Questa tendenza, unita all'arrivo di nuove reti a volte criminali, ha sconvolto la vecchia simbiosi tra residenti locali e prostitute belghe".
Questo periodo vede il degrado dei quartieri: i proprietari lasciano andare in rovina i loro locali - “pur dicendo che trovano ancora acquirenti” -, le condizioni di lavoro peggiorano, gli automobilisti che vengono a dare un'occhiata generano ingorghi notturni e diurni, “mentre armi e droga alimentavano traffici e risse”.
La città di Anversa, presto seguita da altre, ha quindi adottato misure, in particolare per limitare il traffico e regolamentare le norme igienico-sanitarie per i proprietari.
Il blocco ha ovviamente inferto un duro colpo alle prostitute, e in particolare alle tante che si trovano in una situazione irregolare. Ma, prima della pandemia, il settore aveva già subito un duro colpo, legato in particolare allo sviluppo del lavoro sessuale via Internet.
Un altro fattore: “la prostituzione visibile è sempre meno tollerata”, spiega la rivista fiamminga.
Perché “le città vogliono essere attraenti, pulite e sicure per attirare turisti, investitori e classi medie”.
Il disordine generato dai quartieri a luci rosse, invece, “non si adatta a questo progetto”. Tutto ciò è quanto è stato proposto nelle varie città del Belgio dove hanno cercato di chiudere le finestre, senza trovare una soluzione sostitutiva soddisfacente.
Ci si domanda se la prostituzione sia necessariamente incompatibile con il rinnovamento dello spazio urbano? Non necessariamente, replica De Standaard Weekblad, citando l'esempio di Anversa, dove le politiche contro la povertà sono state attuate contemporaneamente alla supervisione del settore della prostituzione alle finestre.
"La prostituzione fa parte della nostra società", ha detto il fondatore di un centro di supporto alle vittime della tratta di esseri umani intervistato dal quotidiano.
"Dobbiamo avere il coraggio di assegnargli un posto attraverso una politica di pianificazione del territorio che tenga conto di tutti gli aspetti della questione. Quimdi iniziare sedendo attorno a un tavolo e ascoltando le varie lamentele".
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