Dopo aver difeso le posiziono degli atei su un social network, un utente è stato penalmente perseguito in un tribunale di Stavropol. Per il quotidiano online Gazeta, la giustizia in Russia utilizza gli stessi metodi repressivi riservati ai dissidenti in epoca sovietica.
Quando gli investigatori hanno suonato alla porta, Viktor Krasnov, 38, non aveva idea che sarebbe stato oggetto di un'indagine penale, dopo aver pubblicato, sei mesi prima, due osservazioni, nell'ottobre 2014 sul social network russo VK ontakte.
In un dibattito su una pagina dedicata agli abitanti della regione di Stavropol (Russia meridionale), dove vive, Krasnov aveva scritto che la Bibbia è una "raccolta di racconti ebraici" e che "Dio non esiste", riporta il giornale. Due dei suoi contraddittori, ortodossi, hanno poi presentatp una denuncia.
L'internauta, infermiere che vive con sua madre e fa lavori saltuari, ha continuato e per questo è stato posto con la forza in un ospedale psichiatrico, per competenza, perchè fosse riconosciuto sano di mente. Poi le sue parole sono state oggetto di una perizia da parte di un esperto di linguistica, che ha concluso che "sono offensive nei confronti dei cristiani ortodossi e mirano a violare i sentimenti religiosi dei credenti", spiega il giornale.
Durante l'istruttoria si è ricorsi all'articolo 148 del codice penale russo, che punisce con una multa, con un servizio alla comunità o un anno di carcere l"insulto ai sentimenti religiosi dei credenti". Questo articolo è stato aggiunto al codice penale russo dopo il caso Pussy Riot, il gruppo di attiviste che aveva cantato una "preghiera punk" nella cattedrale principale di Mosca nel 2012.
"Durante l'era comunista, si veniva gettati in prigione per la frase 'Dio esiste', oggi, si viene imprigionati per la frase 'Dio non esiste', si ironizza sui social network. Ma ciò che sta accadendo non fa per niente ridere tutti. Oggi, l'imputato in realtà rischia fino a un anno di prigione per aver espresso un punto di vista ateo", denuncia la Gazeta nell'editoriale.
L'apparato repressivo di oggi è "molto nello spirito dei metodi sovietici usati per reprimere i dissidenti, salvo che al momento sono stati perseguiti i credenti", ha aggiunto il giornale. E ha concluso: "La condanna, come nel caso di questo uomo che ha scritto 'Dio non esiste', come si scriveva sui cartelli anti-religiosi sovietici all'ingresso di tutte le chiese è emblematico. (...) Questo ci permetterà di sapere se viviamo ancora in uno stato laico, dove si suppone che la legge garantisca la libertà di coscienza e di culto".
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