Il cantante, che ieri ha festeggiato i suoi 69 anni, ha offerto "Blackstar". Un esperimento in cui sassofono e batteria si avvolgono, si decompongono e dove la voce dell'inglese si immerge con amore e grande classe.
Era ora: Con questo album, David Bowie non cerca la compulsiva ripetizione sulle radio FM. Venerato come semidio da milioni di fan si presenta con questa attesa torta come un ospite per un giorno di festa, elegante, austero. Un David ad una svolta sperimentale, pur rimanendo Bowie.
É un tale creatore che si sarebbe potuto creare un master universitario in David Bowie. Ma ciò che è bello, in questa grande musica è che la creatività non è solo per una élite. Può anche essere ascoltata semplicemente da qualsiasi animale abituato ad altro.
Il lussuoso "Blackstar" ha i carati della magnifica individualità, con il marchio di fuoco e non imitabile, dalla chiave riconoscibile tra mille.
Quarantadue minuti suddivisi in sette tracce registrate a New York in segreto con sei musicisti jazz: il sassofonista Donny McCaslin, il trombonista Ryan Keberle, il tastierista Jason Lindner, il batterista Mark Guiliana, il bassista Tim Lefebvre ed il chitarrista Ben Monder.
I più fortunati hanno potuto scoprire questo gioiello in anteprima nel corso di una sessione di ascolto organizzata da Sony Music nello chalet di Claude Nobs, a Caux, nel mese di dicembre. Un momento speciale sotto gli occhi di un autoritratto troneggiante dell'artista, nel calore di questo luogo magico.
L'album si apre con il titolo "Blackstar", 9 minuti e 57 secondi. Scritta da lui e utilizzata dalla serie poliziesca franco-britannica "Panthers". Questo è stato il titolo che Bowie aveva scelto di rivelare nel mese di novembre per annunciare una clip forte e affascinante. Musicalmente, dopo una lunga introduzione, i ritmi incalzano per portarci in una specie di trance che va dal buio alla luce e viceversa.
Poi viene «Tis a Pity She Was a Whore» "Peccato che fosse una puttana" la cui formulazione mira proprio al cuore. É qui che si sente il ritorno del sassofono, primo strumento di Bowie, onnipresente in tutta l'opera. «Lazzaro», tratto dal musical omonimo (co-firmato dal cantante) è una ballata planante, un po' disillusa."Guarda là, Sono in paradiso. Ho cicatrici che non possono essere viste. Sono in pericolo, non ho più nulla da perdere". Un ondeggiante titolo tra il postrock e new wave totalmente impregnato dall'aura del cantante.
Il brano 4, «Sue (Or In a Season of Crime) (o in una stagione di crimine)», che è una reinterpretazione di una versione già registrata nel 2014 con la Maria Schneider Orchestra, da qui parte, per così dire, in testacoda. Un quasi break beat, troppa elettronica che rende difficile comprendere titolo. 4 minuti e 40, forse i più noiosi da ascoltare.
Poi «Girl loves me», come una lancinante marcia, il titolo ha qualcosa tipo sfondo militare su base hip-hop. Il cantante chiede «Where The Fuck Did Monday Go?» "dove cazzo vado Lunedi?" Prima di ripetere che le ragazze l'adorano e di pronunciare parole strane, che potrebbero essere tratte dal vocabolario inventato da Anthony Burgess, scrittore inglese al quale dobbiamo, tra gli altri, il romanzo "Arancia Meccanica".
Mi piace, invece, particolarmente «Dollar Days». Penultimo brano, dal delicato pianoforte - e l'onnipresente sassofono - che ci spedisce difilato al settimo cielo verso quella galassia dove vive la Black Star.
In chiusura, «I Can't Give Everithing Away» (Io non posso dare tutto*), con la sua armonica ed i suoi accenti anni '80, David Bowie sembra qui voler dire che lui non può dare più di quello che ha dato con "Blackstar". Grazie a lui, si è concesso un magnifico regalo di compleanno.
"'Blackstar" di David Bowie è su
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