di Giulia Cerino (05 settembre 2011)
Ipertecnologiche e radicali, alle convention e alle grandi manifestazioni preferiscono la Rete, le aule universitarie, i flash mob. Ritratto delle femministe di domani.
Il linguaggio suona antico. Alcune si chiamano "compagne", quasi tutte sono "anti" e "auto". Combattono il razzismo, il machismo, il sessismo. Il personale è politico e "Io sono mia" come 30 anni fa.
Né suore né puttane ma tutte e due le cose. Italiane e immigrate. Lesbiche, eterosessuali e bisessuali. Anticlericali ma non per forza atee. Autoironiche, beffarde, irriverenti. Pinkpanter, Male Fiche, Ribellule, Clitoristrix, Mela di Eva. Lontane anni luce, per gesti e modalità della protesta, dalle donne del comitato Se non ora quando (Snoq) o da quelle sedute tra i banchi del Partito democratico. Perché loro non hanno capi, almeno così dicono. E ai comunicati stampa preferiscono gli attacchinaggi lampo e le proteste bizzarre.
... Le donne e i loro corpi custodiscono la "tradizione", ma questo vale solo quando si tratta di corpi decorosi. E quelle che non lo sono? Vengono tagliate fuori". Non le è andata giù di prendersela con le Daddario e le Ruby di turno. "Le escort sono donne come le altre. Il mio corpo non può essere il tramite per veicolare concetti che ci separano dalle altre donne". Contro questa alternativa tra maternage e decoro hanno alzato la voce l'8 marzo. "Invece di chiamare tutte alla riproduzione di massa, dovremmo parlare di cose pratiche: affido condiviso, genitorialità, consultori pubblici, aborto. O ricordare a tutti che sul nostro utero e sulle nostre vite, clero, partiti, movimenti, devono smettere di parlare"...
(leggi tutto - click foto - (in alto da L'Espresso)
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