22 marzo, 2011

21 marzo 2011 consiglio comunale a Gravina



Mentre la città cade a pezzi, nel vero senso della parola (crollo del palazzo in via Giudice Montea), mentre lo stesso ponte rischia per gli attacchi delle intemperie e dell’incuria dei governanti, ieri sera si è celebrato il consiglio comunale a Gravina. Il sindaco aveva già ritirato le dimissioni e attribuito le deleghe. La città aveva trascorso sino ad oggi 3 mesi, più o meno, di inutile tergiversare senza un vero dibattito politico. Alla base dell’impasse la mancanza di numeri utili a proseguire una dignitosa azione di governo e di autorevoli guide che rappresentino le linee da seguire, per converso il pullulare di opinioni personali spesso legate ad elementari interessi di piccole comunità ove non addirittura di bottega personale. L’atmosfera che si respirava era surreale in ogni ordine di posti: Il pubblico numeroso e attento, sindaco e consiglieri impegnati in evoluzioni oratorie, nei corridoi, per le scale fin nel sagrato municipale e a ridosso dei cancelli, segretari di partito consiglieri provincialcomunali, osservatori e transfughi a raccontare e raccontarsi. Più in là nelle strade e nelle case una popolazione distratta ed annoiata presa dal dubbio se cenare con pizza o osservare la prescrizione del dietologo.
16 a 10 (su 31) recita il laconico risultato numerico del presidente registrato dal segretario (conferma del prelievo sui loculi). 
Dalla tv immagini di guerra morti e confusione di linguaggi. Qualcuno ha osato proporre un discrimine netto tra maggioranza e opposizione, altri addirittura si è attardato oltre 47 secondi sul senso di responsabilità (sfidando la soglia di attenzione che di questi tempi non supera i 10). 

Il palazzo di Via Montea crollava con rumore praticamente normale, dice chi abita lì, quasi a suggerirci che ormai può succedere di tutto ma passa silenzioso sotto il nostro naso salvo un frenetico autoerotico chatting et ralativo amore universale. Questa mattina -… Non stiamo mica parlando della domus aurea …- 
ho sentito dire da un tale che conversava con un altro a circa 5 metri da me mentre mi avviavo verso casa, dopo le foto.

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