Un'associazione ha stimato l'inquinamento da plastica legato alle maschere usate gettate ovunque.
Secondo i calcoli di OceansAsia, un'organizzazione ambientalista con sede a Hong Kong, quest'anno sono state realizzate 52 miliardi di maschere per combattere la diffusione del coronavirus.
Secondo questa associazione, che si è posta l'obiettivo di indagare su chi distrugge e inquina gli ecosistemi marini, il 3% di queste maschere sarà finito in mare, ovvero 1,56 miliardi di unità.
Infine, l'associazione stima che ciò rappresenti da 4.680 a 6.240 tonnellate di inquinamento da plastica che "impiegherà fino a 450 anni per decomporsi", come riporta il "New York Post".
OceansAsia ammette che questa è solo una goccia nel mare rispetto agli "8-12 milioni di tonnellate di plastica che entrano nei nostri oceani ogni anno".
Ma Gary Stokes, direttore operativo dell'organizzazione, afferma che il consumo di plastica è aumentato durante la pandemia, ad esempio con più imballaggi dovuti al cibo da asporto e spiega che "una serie di misure per ridurre il consumo di plastica, come il divieto dei sacchetti di plastica monouso, sono state ritardate, sospese o posticipate".
In definitiva, OceansAsia supporta l'uso di maschere riutilizzabili per limitare il disastro e suggerisce che i governi aumentino le multe per i rifiuti per scoraggiare gli inquinatori.
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