Erano passati venticinque anni dall'ultima volta che era stato fatto qualche progresso nella conoscenza degli affascinanti numeri primi. Due ricercatori ne propongono uno. Gli strumenti che hanno sviluppato potrebbero far progredire altre aree della matematica.
Non capita tutti i giorni di parlare di progressi in matematica: due ricercatori hanno scoperto un nuovo modo per identificare i numeri primi. Una novità in più di venticinque anni.
I numeri primi affascinano da tempo e svolgono un ruolo importante in molti campi, dalla matematica fondamentale alla crittografia, all’informatica e alla teoria dei giochi.
Si tratta dei numeri interi naturali maggiori di 1 che hanno la caratteristica di essere divisibili solo per 1 e per se stessi. Quindi, 2, 5, 7, 11, 13, 17, ecc., sono numeri primi; 2 è l'unico numero primo pari.
I numeri primi sono, in un certo senso, gli elementi costitutivi di base che compongono tutti i numeri interi.
Per secoli i matematici hanno esplorato diversi modi per combinarli ma anche per riconoscerli. Finché un numero non è troppo grande, i metodi per sapere se è primo o meno sono relativamente semplici, ma non appena ci troviamo di fronte a un numero grande le cose si complicano.
L'ultimo progresso risale al teorema di Friedlander-Iwaniec, enunciato nel 1997. Quello nuovo, proposto da Benjamin Greendell'Università di Oxford e Mehtaab Sawhneydella Columbia University, New York, che non è stato ancora pubblicato in una rivista sottoposta a peer review, ci consente di fare un ulteriore passo avanti.
Senza entrare nei dettagli, ricordiamo che, per dimostrare il loro nuovo modo di identificare i numeri primi, i due ricercatori hanno sviluppato una serie di metodi che combinano due campi matematici molto distanti tra loro, la teoria dei numeri e la combinatoria.
Questi strumenti potrebbero aiutare altri matematici a fare nuove scoperte e a compiere nuovi passi.
“La cosa più emozionante è la base della dimostrazione, che contiene un sacco di nuove idee. Chissà a quali altre scoperte porteranno queste idee?”, si chiede Alex Kontorovich, matematico della Rutgers University nel New Jersey, su New Scientist, che si dice impressionato dai risultati dei suoi colleghi.