Ancora presente in molte confezioni alimentari, il bisfenolo A produce effetti potenzialmente dannosi per il nostro organismo.
El Pais: infografica
Utilizzato principalmente nella produzione di alcune materie plastiche e resine, il bisfenolo A è presente in molti imballaggi alimentari.
Questa sostanza chimica può migrare in piccolissime quantità verso gli alimenti e le bevande in essi contenuti ed entrare così nell'organismo che li ingerisce e impone un monitoraggio preciso dei suoi effetti sulla salute per conoscere la soglia a partire dalla quale è dannosa.
Una scatoletta di tonno (100 grammi) può contenere in media 3,7 microgrammi di bisfenolo A. Secondo la soglia precedente, l’ingestione giornaliera di 75 scatolette di tonno – la cui confezione contiene questa plastica – non presentava rischi per la salute di una persona di peso 70 chili.
Secondo una revisione dei dati pubblicata quest’anno, una singola scatola rappresenta 264 volte la dose minima giornaliera di BPA che non deve essere superata.
Dal 2011, in Europa, il BPA è vietato nei biberon. Nel febbraio 2018, l'UE ha introdotto limiti più severi al BPA nei materiali a contatto con gli alimenti, sulla base della dose giornaliera tollerabile temporanea stabilita dall'EFSA nel 2015.
La nuova valutazione, basata su grandi quantità di dati tra cui oltre 800 studi pubblicati da gennaio 2013, ha ha contribuito a rimuovere le incertezze sulla tossicità del BPA e a raccomandare una drastica riduzione della dose giornaliera tollerabile (TDI) per tutti.
“Gli scienziati dell’EFSA hanno stabilito una TDI di 0,2 nanogrammi (0,2 miliardesimi di grammo) per chilogrammo di peso corporeo, sostituendo il precedente limite temporaneo di 4 microgrammi (4 milionesimi di grammo) per chilogrammo di peso corporeo / giorno”, si legge sul sito dell'agenzia.
“Il BPA può nuocere alla salute umana a causa delle sue proprietà di interferente endocrino che può alterare il funzionamento del sistema ormonale. Può danneggiare il sistema riproduttivo e avere un effetto negativo sul sistema immunitario”, ricorda l’Agenzia europea dell’ambiente.
A settembre è stato rivelato che questa sostanza era presente nel 92% dei 2.756 adulti provenienti da 11 paesi che hanno partecipato allo studio.
La Commissione europea e le autorità nazionali devono ora discutere le misure normative adeguate per dare seguito al parere dell'EFSA di aprile.
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