In termini di riconoscimento facciale stabilito dal nostro cervello, le interazioni faccia a faccia superano le interazioni virtuali, lo dimostra un nuovo studio.
Il nostro cervello ricorda i volti meglio quando incontriamo le persone di persona che dopo averle viste in foto o in video. Questa è la conclusione non così sorprendente di uno studio pubblicato il 24 maggio su The Journal of Neuroscience. "Un duro colpo per Zoom", titola sornione Nature.
Il cervello umano ha una rete speciale dedicata alla memorizzazione dei volti, ma il modo in cui si formano questi ricordi rimane un mistero.
Nel tentativo di saperne di più, i ricercatori hanno chiesto ai volontari di ordinare le foto di celebrità che non conoscevano, guardare uno spettacolo televisivo o parlare di persona con due membri del laboratorio.
Quindi, hanno registrato l'attività cerebrale dei volontari guardando le immagini delle stesse celebrità, dei partecipanti allo spettacolo o dei membri del laboratorio.
Circa mezzo secondo dopo essere stati sottoposti a una figura umana vista in precedenza, è stato registrato un particolare picco di attività nel loro cervello. Coloro che avevano interagito con il personale di laboratorio hanno avuto l'attività cerebrale più intensa, davanti ai volontari che sono stati sottoposti ai video.
Più intensa è l'attività cerebrale, più si presume che i volti siano riconosciuti come "familiari". Il cervello dei volontari che hanno dovuto selezionare le foto non mostrava molta attività, riferisce Nature.
David Acunzo, un ricercatore dell'Università di Birmingham, che non è stato coinvolto nello studio, è stato intervistato dal sito di notizie scientifiche Inside Science:
"Questo articolo pone tutta una serie di domande interessanti su cosa faccia la differenza tra le immagini (video) dei volti e la percezione diretta delle fisionomie".
Sebbene i ricercatori non abbiano studiato specificamente l'impatto delle interazioni virtuali tramite Zoom o altre applicazioni, credono, sulla base dell'esperienza personale, che non siano equiparabili alle interazioni faccia a faccia.
Secondo Inside Science, questa ipotesi è diventata particolarmente evidente per il primo autore dello studio, Géza Gergely Ambrus, poiché ha dovuto insegnare online a causa della pandemia.
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