Da Jean-Pierre Dupuy a Peter Sloterdijk, sei filosofi attaccano la premessa del liberalismo e disvelano il nucleo irrazionale dell'economia.
E' il titolo del Nouvel Observateur Si tratta di una dichiarazione di guerra, mascherata come il "futuro dell'economia":
"Possiamo pensare l'economia senza essere economisti?
Non solo possiamo, ma pensiamo che l'economia sarebbe debole se prerogativa degli economisti". In effetti, economista, Jean-Pierre Dupuy lo è un poco dal momento che, di formazione politecnica, ha insegnato economia per dieci anni. Ma l'intuizione è giusta: è tempo che la filosofia metta il naso negli affari economici. Lo faceva, una volta, da Aristotele a Hegel. Al suo inizio, il capitalismo è stata teorizzato da due filosofi, Adam Smith e Karl Marx. Purtroppo, dal 1970, la filosofia ha abbandonato l'economia agli economisti. Che non hanno tardato a spacciarsi per i filosofi. Così, essi hanno elevato al rango di verità eterna l'idea, quanto mai discutibile, che solo gli interessi materiali muovono gli esseri umani. Hanno trasformato in solida teoria scientifica la "mano invisibile" di Adam Smith, più vicina al pensiero religioso (la metafora è stata coniata dai Padri della Chiesa per descrivere la Provvidenza) che all'analisi razionale. E quando un filosofo è stato coinvolto, fu, negli scritti di John Rawls, per auspicare un "velo di ignoranza" (che immagine!) e bilanciare le disuguaglianze. Dupuy, che era il presentatore di Rawls in Francia, è tornato in un precedente libro: «L'irénisme naïf, pompeux, académique et quelques fois ridicule des développements de la ”Théorie de la justice" m'apparaît aujourd'hui une faute contre l'esprit.» ("L'ingenuo irenismo, pomposo, accademico e talvolta ridicolo della" Teoria della Giustizia "mi appare un errore di oggi contro lo spirito.") Durante l'inverno 2012, nel contesto della crisi economica e la campagna elettorale, cinque libri mostrano che la filosofia si è risvegliata dal suo sonno dogmatico.
La religione dell'economia
Professore a Stanford, Jean-Pierre Dupuy pubblica "Il futuro dell'economia" (Flammarion, 290 p., 21 euro). (© Philippe Matsas-Flammarion) |
Discepolo di Rene Girard, Jean-Pierre Dupuy ritiene che l'economia sia succeduta alla religione. Il sacro, ricorda in "The Future of the Economy", mira a contenere la rivalità mimetica tra gli uomini. Dopo le guerre di religione, l'economia è ripartita dal cristianesimo, divenendo a sua volta una fede, "una teologia sconosciuta" Smith ne ha fissato il suo credo: il desiderio di arricchire di ognuno genera meccanicamente la prosperità di tutti. Solo leggendo Smith, Dupuy rileva che per il filosofo scozzese, il richiamo della ricchezza non è tanto nell'accumulo di beni materiali che produce (perchè arriverebbe il tempo in cui si sarebbe soddisfatti e allora il motore della l'economia potrebbe andare in crash) quanto per l'ammirazione che suscita negli altri. E da questo, osserva, non abbiamo mai abbastanza. Così, Smith capì che la razionalità economica è solo il naso finto della rivalità mimetica. Dupuy mette in guardia, se non vuole sprofondare troppo, la razionalità economica deve essere tenutai al guinzaglio da un sorta di "auto-trascendenza". ...
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Bernard Stiegler - Déprolétariser le monde
Serge Audier - D'un néolibéralisme l'autre
Pierre Dardot et Christian Laval - Marx, prénom: Karl
Peter Sloterdij - A quoi sert l'impôt?
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