Un'Ong denuncia la violenza contro le donne, mostrando dee indù con segni di percosse.
Le immagini hanno un vero e proprio successo su internet, ma in India sono tutt'altro che d'accordo.
Le immagini hanno un vero e proprio successo su internet, ma in India sono tutt'altro che d'accordo.
Il 6 settembre, l'ONG "Save Our Sisters", che lotta contro il traffico di donne, ha lanciato una grande campagna di sensibilizzazione sui media. Si è così scoperto che diverse dee indù incarnate da manichini sono apparse mascherate da oggetti di violenza e percosse.
I media internazionali e le reti sociali hanno accolto con favore l'iniziativa, ma alcuni indiani non hanno apprezzato affatto.
Nishita Jha - Google+ |
Giornalista Nishita Jha (twitter) si chiede, nelle pagine della rivista Tehelka, se non vi sia altro modo per parlare e denunciare l'argomento.
La sua collega Praneta Jha (twitter) ha detto al quotidiano Hindustan Times che:
Praneta Jha Google+ |
"mettere le donne su un piedistallo come sorta di divinità fa altrettanto male che rappresentarle come oggetti sessuali. Entrambe le rappresentazioni disumanizzano le donne. [...] imprigionarle in rappresentazioni ideali è una delle più antiche strategie patriarcali - se poi non corrispondono a questa idealizzazione, allora, è considerato accettabile 'punirle' e stuprarle. Si potrebbe dire che questa campagna adotti stereotipi per sensibilizzare ed incidere sull'opinione pubblica, ma così facendo, rafforza in maniera capziosa questi stereotipi."
sul settimanale Open, l'niversitaria Brinda Bose è ancora più caustica. Lei spiega che la campagna sulle "'Dee percosse' ha un effetto devastante sulla violenza domestica, è terribile e terrificante. Divinizzare le donne, le priva della loro individualità, sessualità e potere. Aggiunge che "avrebbe avuto molto più rispetto per una campagna che avesse mostrato una prostituta in periferia ferita da un cliente." E ha concluso:
"Basta con queste dee, per favore dateci delle troie».
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