Vent’anni fa sembrò una panacea, il sequenziamento del genoma umano aprì la strada all’era dei test genetici di massa.
Ma il tempo delle illusioni sul DNA e sui suoi poteri è ormai finito e la medicina sta abbandonando questo settore, spiega “Bloomberg Businessweek”.
Centinaia di persone sono riunite in un grande spazio. Visti da lontano, sono posizionati secondo uno schema che evoca la struttura della molecola del DNA.
La forma a doppia elica risalta chiaramente, eppure il gruppo è disperso, con alcune persone che addirittura abbandonano l'immagine.
'La grande disillusione dei test del Dna', titola il settimanale newyorkese in prima pagina nell'edizione del 20 maggio.
Queste persone che rifiutano di formare le due catene simboleggiano la delusione legata ai test genetici di massa. Coloro che avrebbero dovuto fornirci tutte le risposte sui nostri antenati e prevenire o addirittura curare le malattie alla fine non avrebbero “molto da offrirci”, afferma l’articolo.
Un unico test per rispondere a tutte le domande genetiche è stata la promessa popolare negli ultimi due decenni.
Gli scienziati parlavano di “panacea” quando, all’inizio del 21° secolo, venne rivelata una “versione preliminare” del genoma umano. Credevano che “sviluppando un farmaco basato sull’analisi dei geni” si potessero sconfiggere molte malattie.
Le aziende specializzate nello screening genetico credevano di aver scoperto la gallina dalle uova d'oro.
Stavano aspettando che i medici “prendessero la mano” e decidessero di “integrare questo metodo nelle loro procedure operative standard”. In attesa del “click”, le società di test hanno investito “milioni di euro in kit per sputare” e hanno continuato la loro pubblicità su larga scala.
Tuttavia, anche se da allora i test sono stati autorizzati, rimangono in gran parte “lontani dal mainstream medico”, osserva l’articolo.
Questa riluttanza da parte della medicina è dovuta ai “limiti dei test genetici”. A parte le “banalità sul paese di origine dei loro antenati”, le persone “non hanno ottenuto molto da questi test”.
Senza contare che “la maggior parte dei medici non ha una formazione in genetica”, precisa il giornale.
Per ora, le terapie mirate al genoma umano rappresentano il volto “più concreto” della rivoluzione genetica, in particolare per le malattie causate da una mutazione in un singolo gene, come la malattia di Huntington.
Ma è raro sconfiggere una malattia mortale attivando un interruttore su un singolo gene.
Inoltre, le terapie che funzionano sono “troppo rare e spesso molto costose”, quindi “praticamente inaccessibili”.
Per le malattie più comuni, come il diabete o le malattie cardiovascolari, non esiste un solo gene responsabile della patologia, e spesso non si sa ancora quanti geni abbiano un ruolo.
Vent’anni dopo, c’è ancora un divario tra gli usi pratici del test del DNA, ora considerato “non abbastanza convincente dal punto di vista medico”, e l’elogiativo “teatrino mediatico” che lo circonda.
“Stiamo ancora aspettando la grande rivoluzione del DNA nel campo della salute”, afferma Bloomberg Businessweek.