Diverse donne dei combattenti del Daesh sono riuscite a fuggire dal "califfato" sotto assedio e raccontano le loro storie. Testimonianze dell'altra faccia della realtà.
Nella città di Ain Issa vicino a Raqqa, in Siria, vi è la sede di una prigione piuttosto particolare, è per le donne, le spose e le altre vedove dei combattenti Daesh (acronimo in arabo per lo Stato Islamico). Attirate dalle promesse di una "vita perfetta nel califfato" dello stato islamico, hanno a volte impiegato del tempo per rendersi conto della situazione nella quale erano cadute. La CNN ne ha intervistato alcune (con foto e filmato).
Saida, proveniente da Montpellier, in Francia, aveva fatto sacco e fuoco per andarci. "Io amo la vita, amo lavorare, amo i miei jeans, amo il mio trucco, amo i miei genitori", dice la giovane donna che ora è tra quelle che Parigi non vuole che tornino.
Fuggì da Raqqa, la capitale del sedicente Stato islamico, con il marito, ucciso, poi, durante la fuga. Si nascose per un mese, nella natura, con il figlio di 14 mesi prima che le forze curde la scoprisse. Saida si era presto resa conto che, invece di devoti mariti, i combattenti erano degli ossessionati dal sesso.
Al suo arrivo a Raqqa, all'inizio di questa avventura, fu subito messa nel dormitorio femminile chiamato "Madafa", dove, con le sue compagne, lei era in attesa di essere scelta dai combattenti. "Abbiamo dovuto compilare una sorta di curriculum, con il nostro nome, la nostra età e la nostra personalità e quello che volevamo come marito. Gli uomini fecero lo stesso". L'incontro durava un quarto d'ora e se entrambe le parti erano d'accordo, il matrimonio avveniva subito.
Un'altra donna originaria di Homs, dove aveva lavorato come insegnante di inglese, spiega come, volendo fuggire con i suoi figli in direzione della Turchia, lei attraversò Raqqa dopo la morte del suo primo marito. Alloggiando presso degli amici aveva incontrato il suo futuro marito.
Lei racconta il comportamento di alcune europee attratte da Raqqa. "Vogliono un combattente, una persona forte, armato e in grado di proteggerle. É un'ossessione, come in un film. Molte sono scioccate quando scoprono a che tipo di uomini sono sposate, divorziano dopo pochi giorni".
Suo marito è imprigionato dalle forze curde di Kobanê e lei non sa se potrà mai rivederlo. "Spero che qualcuno mi uccida. Potrei farlo da me stessa, sarebbe un suicidio ed è proibito".
Altri casi sono più preoccupanti, come ad esempio le tre sorelle dell'Indonesia. Parlano in un buon inglese, spiegano che sono venute a Raqqa attratte dalle promesse di istruzione e di assistenza gratuita. Volevano un aiuto per una delle sorelle colpita dall cancro e garantire gli studi di informatica ad un'altra. É costato una fortuna il viaggio da Jakarta con la loro famiglia.
Raccontano il loro disgusto nello scoprire che i combattenti Daesh non erano "puri musulmani" come immaginavano. "Dicono sempre di volere il Jihad per amore di Allah, ma cercano solo donne e sesso. É disgustoso".
"Ho anche sentito dire che un combattente riceveva $ 1.000 se sposava una vedova. Alcuni mi hanno chiesto la mattina se avessi voluto sposarli pretendendo una risposta prima del buio", racconta un'altra sorella.
Racconta come le donne vivono nei dormitori bloccati, "Madafa". "Il loro modo di comportarsi non aveva nulla a che fare con l'Islam. Erano brutali, sempre a spettegolare, urlare, lottare o ridere. Sì, ero davvero molto sorpresa".
Tutte queste donne stanno ora cercando di entrare in contatto con i diplomatici dei loro paesi, che potrebbero aiutarle a tornare a casa. Ma i loro governi non hanno alcuna fretta di dare il benvenuto a queste donne dopo essere passate attraverso il "Califfato".
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