"No, non è una bambina. Si tratta di una schiava. Lei sa esattamente come fare sesso. L'avere rapporti sessuali con lei, piace Dio"
Lo Stato islamico ha ridotto migliaia di ragazze e di donne a livello di schiave sessuali. Sostenendo di avere il sostegno del Corano!
La scena si è svolta a Qadya, Iraq. Un combattente dello Stato Islamico (ISIS/Daesh) spiega ad una giovane di 12 anni che sta per abusare di lei. Il Corano, insiste, sostiene lo stupro e lo incoraggia. Il jihadista lega le mani della piccola, tra conati di vomito. Fa una preghiera e poi si adagia su di lei.
La scena si è svolta a Qadya, Iraq. Un combattente dello Stato Islamico (ISIS/Daesh) spiega ad una giovane di 12 anni che sta per abusare di lei. Il Corano, insiste, sostiene lo stupro e lo incoraggia. Il jihadista lega le mani della piccola, tra conati di vomito. Fa una preghiera e poi si adagia su di lei.
"Continuavo a dirgli che faceva male, pregandolo di smettere", dice."Mi ha detto che secondo l'Islam, gli è permesso violare una non credente. Ha detto che stuprarmi lo avvicinava a Dio". Dopo la violenza, l'uomo si inginocchiava e pregava di nuovo.
É con questa terribile testimonianza che si apre una vasta indagine della giornalista Rukmini Callimachi, pubblicata giovedi sul New York Times. Ove dimostra che lo stato islamico si fonda e si organizza sulla schiavitù sessuale di ragazze e donne della minoranza religiosa Yezidi, con la creazione di una burocrazia e di infrastrutture utili al traffico di esseri umani. Ma non è tutto: Il Daesh giustifica teologicamente stupro!
La giornalista ha incontrato nei campi profughi venti vittime di abusi che sono riuscite a sfuggire ai loro aguzzini. La ragazza aveva 12 anni, prigioniera da 11 mesi. F., un quindicenne, ha fatto da schiava del sesso per un jihadista iracheno di venti anni per nove mesi. "Ogni volta che veniva a violentarmi, pregava", dice. "diceva che l'atto di violentarmi era la sua preghiera a Dio. Gli ho detto: Quello che fai a me, è sbagliato, non porta più vicino a Dio", e lui: "No, è permesso. E 'halal".
Secondo l'indagine, il commercio di schiave del sesso è stato meticolosamente pensato e pianificato. É iniziato il 3 agosto 2014, quando i combattenti ISIS presero i villaggi sulle pendici del Monte Sinjar nel nord dell'Iraq, sede degli Yezidi. "L'offensiva sulla montagna era tanto una conquista sessuale quanto territoriale", dice Matthew Barber, esperto presso l'Università di Chicago sul New York Times. Sul posto, i jihadisti separarono immediatamente gli uomini dalle donne e dalle ragazze. I primi furono uccisi o costretti a convertirsi. Le altre prese sui camion.
Esse erano parcheggiate per mesi a Mosul e inviate in piccoli gruppi in Siria o in Iraq, ai combattenti. Poi vendute a jihadisti o "grossisti". Secondo il New York Times, oltre alla organizzazione dello "stoccaggio" e dei trasporti, l'ISIS ha anche istituito una burocrazia della tratta delle donne. Sono elencate e bloccate. Ci sono anche contratti di vendita e, nei rari casi in cui vengono rilasciate, i "certificati di emancipazione". Circa 5270 donne e ragazze yazidi sono state rapite l'anno scorso; 3144 sono ancora tenute prigioniere.
L'aspetto più sorprendente è che. lungi dal cercare di nascondere questo traffico atroce, lo Stato islamico lo difende dal punto di vista teologico. Questa difesa è basata su "un'interpretazione molto restrittiva e selettiva del Corano ed altre norme religiose. Non solo giustifica la violenza, ma anche esalta e celebra ogni delitto sessuale come spiritualmente benefico ed anche virtuoso", ha scritto l'investigatrice.
Cita diversi documenti, tra cui un testo pubblicato il mese scorso dal the Islamic State Research and Fatwa Department. Apprendiamo che la schiavitù è autorizzata e che le donne yazidi hanno uno status di "bottino" di guerra da trattare come un qualunque bene. Come anche è permesso di fare sesso con una prigioniera, non appena se ne abbia il possesso, comunque "vergine o no che sia, il suo utero deve prima essere purificato".
L'indagine del New York Times è stata intensamente condivisa sui social network e molte volte da parte degli stessi media, a conferma dei numerosi rapporti circa lo sfruttamento delle donne yazidi di Human Rights Watch o Amnesty International, le ONG, che sin dal 2014, avevano scritto che nello Stato Islamico "cercavano di legittimare queste pratiche abominevoli e criminali con una propria interpretazione dell'Islam".
Il testo si conclude con la testimonianza di una donna di 34 anni, regolarmente violentata da un jihadista saudita a Shadadi, in Siria. Dice che il suo calvario non era niente al confronto di quello subito dalle altre schiave della casa, come una ragazza di 12 anni, abusata per giorni anche quando aveva un'infezione e sanguinava.
"Gli ho detto che era solo una bambina", ricorda e racconta. Il combattente Daech: "No, non è una bambina. Si tratta di una schiava. Lei sa esattamente come fare sesso. L'avere rapporti sessuali con lei, piace Dio".
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