I ricercatori hanno dimostrato l'esistenza di una variante genetica in grado di migliorare la riparazione del DNA nelle cellule umane, contrastando così gli effetti dell'invecchiamento.
"Una rara variante genetica identificata nelle persone che sono vissute fino a 100 anni o più sembra rallentare i processi fondamentali che causano l'invecchiamento", scrive New Scientist. Questa scoperta potrebbe accelerare lo sviluppo dei cosiddetti farmaci "anti-invecchiamento".
Diversi studi condotti sugli animali - tra cui uno studio pubblicato lo scorso 1 febbraio su Pnas - hanno già mostrato un legame tra l'attività di una proteina chiamata "SIRT6" e una maggiore durata della vita.
Una pubblicazione sul sito web bioRxiv suggerisce che una rara variante del gene che codifica per questa proteina potrebbe anche essere associata a una maggiore durata della vita negli esseri umani.
Confrontando le sequenze genetiche di 500 ebrei ashkenaziti che vissero fino a 100 anni o più con altrettanti con le stesse origini ma che non vissero così a lungo, quindi analizzando un database di 150.000 persone con origini diverse, i ricercatori hanno identificato che la variante centSIRT6 era più frequente nei centenari.
"Dopo una serie di esperimenti su cellule umane, il team ha scoperto che questa variante mostrava diversi effetti che potrebbero rallentare l'invecchiamento", riporta il settimanale.
Secondo i ricercatori, questa variante migliorerebbe in particolare la riparazione del DNA e quindi impedirebbe l'accumulo di mutazioni genetiche.
Inoltre, centSIRT6 aiuterebbe a mantenere "ordinato" il nostro patrimonio genetico all'interno delle nostre cellule.
"Quando siamo giovani, il DNA nelle nostre cellule è ben confezionato, ma le cose degradano quando invecchiamo", osserva Vera Gorbunova dell'Università di Rochester, che ha guidato il lavoro.
Questa variante sembra anche essere efficace nel sopprimere l'attività delle sezioni parassitarie del DNA chiamate "trasposoni" che copiano e incollano in tutto il genoma, il che può portare a mutazioni dannose.
Infatti, chiarisce ulteriormente il New Scientist, "questa eliminazione non si verifica più con l'età".
Per Vera Gorbunova, tutti questi elementi suggeriscono che è molto probabile che questa variante genetica contribuisca alla longevità.
Anche altri geni sono associati a una vita più lunga, ma non agirebbero direttamente sui meccanismi dell'invecchiamento.
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