Lontano dalla sua immagine di irascibile tagliato fuori dal mondo, i carnets che Beethoven ha usato per la conversazione ne rivelano un essere socievole e molto meno isolato di quanto dica la leggenda.
Quando Beethoven arrivò presto la sera del 7 maggio 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna, voleva salutare tutti i musicisti per la prima della sua Sinfonia n. 9, che sarebbe diventata la sua opera più famosa grazie all'ambientazione musicale della poesia di Schiller L'Inno àlla gioia.
Il resoconto dell'incidente che viene tramandato al futuro è presentato dal critico musicale inglese George Grove, si legge sul Financial Times
Diversi decenni dopo la prima, Grove ricorda quanto aveva detto la solista contralto Caroline Unger: “Alla fine di questo grande lavoro, (Beethoven) è tornato al pubblico e ha continuato a battere il tempo, fino a quando (Unger) lo spinge verso il pubblico e lo incoraggia a voltarsi e ad affrontare le persone che lo avevano applaudito'.
Nessun'altra scena evoca la lotta di Beethoven contro la sordità con tanto realismo e tragedia. L'idea che il compositore di questa grande sinfonia non potesse mai ascoltare una singola nota della propria musica ha contribuito a forgiare l'immagine romantica di un Beethoven irascibile e misantropo, in lotta contro l'inelluttabile.
Questa immagine è così ben definita che raramente viene messa in discussione. In un articolo che appare sul (giornale specializzato) The Beethoven Journal, Theodore Albrecht, professore di musicologia alla Kent State University (Ohio), affronta il mito. Albrecht è l'editore della prima traduzione inglese completa dei quaderni di conversazione di Beethoven.
Questo breve aneddoto per ricordare che quest'anno si celebra il 260° anniversario della nascita del grande musicista e che avremo modo di seguire dalla stampa e dagli schermi fino al prossimo dicembre.
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