Sul Web, i cacciatori di "jihadisti" sono a volte meglio dei servizi segreti. Negli ultimi tempi assistiamo alle falle dei sistemi uffidiali.
Molto prima della stampa, questi, hanno osservato e trasmesso l'aumento del reclutamento jihadista occidentale, la separazione tra lo Stato islamico (EI) e l'organizzazionee Al Qaeda, oltre al coinvolgimento degli Hezbollah nella guerra in Siria. Senza fonti altolocate o fondi in bilancio, una dozzina di americani arabi ed esperti di social network sono diventati punti di riferimento nelle azioni di gruppi jihadisti e hanno raggiunto la notorietà con la stessa velocità dello Stato Islamico.
Questi "cacciatori jihadisti", come il Boston Globe li definisce, sono più veloci di quanto non lo siano i governi, liberi da lacci e lacciuoli o da vincoli burocratici e, spesso, lavorano come una squadra.
"Nonostante alcuni attriti, la loro forza ed l'intelligenza sta nel prendere in considerazione Twitter, Facebook e altri social network come importanti fonti di informazione. Il piccolo mondo di analisti dei social media, hanno costruito la loro reputazione di affidabilità, sulla base delle informazioni disponibili al pubblico, contraddice implicitamente l'affermazione del governo americano che solo la massiccia sorveglianza segreta in grado di penetrare le reti jihadiste".
Alcuni di loro seguono un percorso atipico. Philip Smyth, per primo, ha dimostrato il coinvolgimento degli Hezbollah in Siria tracciando le foto sui social network e con l'aiuto di amici libanesi. Prima di completare gli studi universitari, ha viaggiato in Libano, appassionato della cultura locale, ha imparato l'arabo, affascinato dai gruppi sciiti e, dopo il suo ritorno negli Stati Uniti, per la ricerca presso l'Università del Maryland, ha discusso intensamente su Internet con gli islamisti.
Ha assistito alla rivolta in Bahrain e il coinvolgimento delle milizie irachene nel conflitto siriano. I suoi risultati sono stati convalidati dai media e dal governo americano. Ma la comunità di intelligence a volte ha difficoltà a mandare giù questi nuovi metodi di indagine.
Leggiamo sempre dal Boston Globe (già cit.):
"Smyth racconta di un incontro con un dipendente del Dipartimento di Stato che lo aveva invitato a parlare del suo lavoro prima di dirgli che non avrebbe mai preso sul serio Facebook. Watts (altro "cacciatore") ricorda la delusione di un relatore in una conferenza a Washington, quando venne a sapere che aveva raggiunto le sue conclusioni senza fare affidamento su fonti segrete".
Questi nuovi tipi di indagatori prendono un po' di tempo prima di pubblicare le loro informazioni e collaborano tra loro piuttosto che con agenti dei servizi segreti. Devono confrontarsi, sui social network, con i bluff delle reti jihadiste.
"Per ogni informazione verificata da Smyth, ci sono centinaia di articoli di disinformazione: siti falsi, nomi di milizie inventate storie di attacchi mai esistiti, avvisi di morte falsi. Stanno cercando di intrappolarvi", dice Smyth. "Si tratta di persone estremamente, a giusto titolo, paranoiche".
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vedi anche su Boston Globe
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