Il bridge non è uno sport perché non ha una 'componente fisica significativa', ha tagliato corto giovedì scorso la giustizia europea. L'IVA va pagata ma ...
«L'interpretazione del concetto di sport ... va limitato alle attività corrispondenti al significato abituale di questa nozione, caratterizzate da una componente fisica significativa», conclude la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE), che ha sede a Strasburgo in una sentenza.
'Il fatto che un'attività promuova la salute fisica e mentale non è di per sé sufficiente per concludere che questa rientri nel concetto di sport', dice, anche se il bridge è praticato in concorrenza e utilizza 'elevate capacità intellettuali' come 'logica', 'memoria' e 'strategia'.
La Corte era stata interpellata da un tribunale britannico dopo un appello dell'Unione Inglese Bridge (EBU), un organismo responsabile per la regolamentazione e lo sviluppo del bridge duplicato, una variante del gioco che viene svolto in competizione con altri.
L'EBU chiede ai partecipanti di partecipare ai tornei che organizza, sui quali paga l'IVA.
Voleva essere rimborsata, per questa tassa, in base ad una direttiva europea che consente esenzioni a determinati servizi strettamente legati alla pratica dello sport.
L'amministrazione britannica delle imposte ha rifiutato questa richiesta, poiché il bridge non era uno sport, l'EBU ha presentato un ricorso davanti alla giustizia nazionale che a sua volta ha sottoposto il quesito alla giustizia europea.
In assenza di una definizione precisa della nozione di 'sport' nella direttiva in questione, la CGEU ha dovuto formulare una propria interpretazione al fine di pronunciarsi.
Se conclude che il bridge non è uno sport, 'non esclude' tuttavia che 'gli Stati membri possano considerare il bridge' - o altre attività caratterizzate da 'una componente fisica all'apparenza trascurabile', come rilevante 'dal punto di vista dei servizi culturali' che la stessa direttiva contempla.
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