Sono rimasto abbastanza colpito, l'altro giorno, quando FRANCESCO, pontefice, ha parlato di tenerezza, invitando a non averne paura. Sensazione piacevole perchè provocata da una cattedra autorevole che ha stimolato pensieri profondi, nascosti da qualche parte per tanto tempo.
L'ultima volta, per me, che avevo sentito parlare di tenerezza è stata nel dicembre scorso in un'articolo del Sole24ore, dove si cita Sartre, essenzialmente ateo, ed una sua descrizione della Natività. La figura della madre è proprio la rappresentazione perfetta della tenerezza, incondizionata e totale. Assolutamente diversa dal fervorino provvisorio per un qualsiasi péluche o un mi piace di facebook. Se avete pazienza leggete quanto segue, l'ho tradotto per me e per voi dall'originale(*):
L'ultima volta, per me, che avevo sentito parlare di tenerezza è stata nel dicembre scorso in un'articolo del Sole24ore, dove si cita Sartre, essenzialmente ateo, ed una sua descrizione della Natività. La figura della madre è proprio la rappresentazione perfetta della tenerezza, incondizionata e totale. Assolutamente diversa dal fervorino provvisorio per un qualsiasi péluche o un mi piace di facebook. Se avete pazienza leggete quanto segue, l'ho tradotto per me e per voi dall'originale(*):
"Voi avete il diritto di pretendere che vi si mostri la Natività, eccola.
Ecco la Vergine, Giuseppe e Gesù Bambino. L'artista ha messo il suo amore in questo disegno, potrebbe sembrare naif, ma sentitemi bene.
Ecco la Vergine, Giuseppe e Gesù Bambino. L'artista ha messo il suo amore in questo disegno, potrebbe sembrare naif, ma sentitemi bene.
Non avete che da chiudere gli occhi e ascoltarmi e vi dirò cosa vedo dentro di me.
La Vergine è pallida e guarda il bambino. Avrebbe dovuto essere dipinto sul suo volto, lo stupore preoccupato, appare solo una volta in un volto umano, perchè Gesù Bambino è suo figlio, carne della sua carne e frutto del suo grembo. Lo ha portato per nove mesi. Gli ha dato il suo seno ed il suo latte diventerà sangue di Dio.
Lo stringe tra le braccia e dice, "Il mio bimbo! "Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa:" Dio è qui! "E lei si sente presa da un timore religioso, da Dio silenzioso, da questo bambino, perché tutte le madri sono così bloccate, a volte, da questo frammento della loro stessa carne, il loro bambino, e si sentono in esilio rispetto a questa nuova vita fatta con la loro vita e abitata da pensieri estranei.
Mai nessuno è stato più drasticamente e rapidamente strappato a sua madre, perché Egli è Dio, l'evento oltrepassa qualsiasi immaginazione. E' un calvario per una madre aver paura per sè e per la sua condizione umana davanti a suo figlio. Penso anche che ci siano altri momenti passeggeri o difficili quando sente che il Cristo è suo figlio, quando avverte che il suo piccolo è Dio. Lo guarda e pensa: "Questo, Dio è mio figlio! Questa carne divina è la mia carne, Egli è fatto di me, ha i miei occhi e la forma della bocca è quella della mia. Mi assomiglia. Egli è Dio e mi assomiglia ...
E nessuna donna ha tra le sue mani le sorti di Dio, tutta sola. Un Dio piccolino che può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio caldo e sorridente, che respira, che si può toccare e che vive, ed è in questi momenti, se fossi pittore, che riprenderei Maria, cercherei di rendere l'aria dolce, audace e timida con cui muove il suo dito per toccare la dolce piccola pelle di questo Dio bambino, di cui sente sulle ginocchia i tiepidi piedini e che le sorride.
E questo per quanto riguarda Gesù e la Vergine Maria. E Giuseppe. Giuseppe? Io non lo dipingerei. Non mostrerei che un'ombra sul fondo fienile e dagli occhi brillanti, perché non so cosa dire di Giuseppe. Giuseppe non sa cosa dire di sè. E in adorazione e ne è lieto. Si sente un un po' messo in disparte. Soffre senza ammetterlo. Soffre perché vede quanto la donna che egli ama assomigli a Dio. Perchè Dio è venuto nell'intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo fuoco di carità. E il resto della vita di Giuseppe, immagino, sarà quello di imparare ad accettare. Giuseppe non sa cosa dire di se stesso: egli ama, ed è felice di adorare.
' Jean-Paul Sarte in un campo tedesco
(Stalag XII Trier) 1940.
Estratto di Natale "Bariona o il figlio del tuono"
Bariona ou le fils du tonnerre, V tavola scena 3
Per leggere l'originale QUI'
Ritrovare la tenerezza
Mai nessuno è stato più drasticamente e rapidamente strappato a sua madre, perché Egli è Dio, l'evento oltrepassa qualsiasi immaginazione. E' un calvario per una madre aver paura per sè e per la sua condizione umana davanti a suo figlio. Penso anche che ci siano altri momenti passeggeri o difficili quando sente che il Cristo è suo figlio, quando avverte che il suo piccolo è Dio. Lo guarda e pensa: "Questo, Dio è mio figlio! Questa carne divina è la mia carne, Egli è fatto di me, ha i miei occhi e la forma della bocca è quella della mia. Mi assomiglia. Egli è Dio e mi assomiglia ...
E nessuna donna ha tra le sue mani le sorti di Dio, tutta sola. Un Dio piccolino che può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio caldo e sorridente, che respira, che si può toccare e che vive, ed è in questi momenti, se fossi pittore, che riprenderei Maria, cercherei di rendere l'aria dolce, audace e timida con cui muove il suo dito per toccare la dolce piccola pelle di questo Dio bambino, di cui sente sulle ginocchia i tiepidi piedini e che le sorride.
E questo per quanto riguarda Gesù e la Vergine Maria. E Giuseppe. Giuseppe? Io non lo dipingerei. Non mostrerei che un'ombra sul fondo fienile e dagli occhi brillanti, perché non so cosa dire di Giuseppe. Giuseppe non sa cosa dire di sè. E in adorazione e ne è lieto. Si sente un un po' messo in disparte. Soffre senza ammetterlo. Soffre perché vede quanto la donna che egli ama assomigli a Dio. Perchè Dio è venuto nell'intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo fuoco di carità. E il resto della vita di Giuseppe, immagino, sarà quello di imparare ad accettare. Giuseppe non sa cosa dire di se stesso: egli ama, ed è felice di adorare.
' Jean-Paul Sarte in un campo tedesco
(Stalag XII Trier) 1940.
Estratto di Natale "Bariona o il figlio del tuono"
Bariona ou le fils du tonnerre, V tavola scena 3
Per leggere l'originale QUI'
Ritrovare la tenerezza
Nessun commento:
Posta un commento