11 ottobre, 2013

Omar e Nadia una storia d'amore - tra i Montecchi e Capuleti del XXI secolo - La gioventù senza futuro

"Omar", un giovane invischiato nella realtà israelo-palestinese. 

logo festivalUmiliato dai servizi di sicurezza israeliani mentre torna da un rendez-vous romantico, decide di vendicarsi.
Hany Abu-Assad lo descrive nel primo film palestinese a Cannes, tra il thriller e la commedia, senza ricorso a luoghi comuni.
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Ogni volta che Omar, l'eroe del film, interpretato da Adam Bakri, vuole vedere Nadia la sua amata, deve superare il muro (quello che separa Israele dai territori Palestinesi dall'occupazione israeliana, che spesso cade nel mezzo dei Territori del Nord). Ad ogni incontro d'amore, rischia di morire non appena raggiunga la cima del muro, i proiettili israeliani piovono e come!. Omar è panettiere. Risparmia i soldi che guadagna con coscienza, per realizzare il sogno di sposare la donna amata. Due amici d'infanzia gli sono vicini: Amjad, suonatore di liuto, e Tarek, attivista militante.


FRANCE-FILM-FESTIVAL-CANNESDi ritorno da un convegno romantico con Nadia, Omar, inseguito da una macchina dei servizi di sicurezza israeliani, viene braccato, catturato, premuto contro la macchina e umiliato: deve rimanere con le mani in aria mentre gli agenti israeliani giocano vicino al veicolo militare e passano allegramente il tempo a guardare dei film ... ciò fa aumentare la rabbia del giovane palestinese che deve restare in piedi, umiliato, per ore, senza ragione e senza essere accusato di nulla. Quando lui chiede se hanno finito di guardare i loro film e che potrebbe, quindi, andare, una pioggia di calci si abbatte su di lui. 


Questo trattamento arbitrario suscita in Omar angoscia e odio. Vuole vendetta. Ricorre a Tarek, l'attivista. I due imparano a usare un mitra. Una volta addestrati, decidono un'operazione contro l'edificio che ospita i soldati che hanno inflitto le umiliazioni. L'operazione si conclude con la morte di un soldato israeliano. Tarek riesce a fuggire, ma Omar è arrestato. In prigione, subisce abusi, violenze e viene rilasciato solo contro la promessa di trovare Tarek. Alla fine del film, scopriamo Amjad, amico d'infanzia, costretto a lavorare come informatore dei servizi israeliani. 

Il film descrive una generazione senza un possibile progetto, il pantano psicologico e morale in cui sono immersi i giovani palestinesi. Un naufragio quotidiano, che porta questi giovani anche a tradire le loro famiglie, i loro amici e genitori. Il regista, Hany Abu-Assad, riesce a mostrare come gli israeliani gestiscano i prigionieri palestinesi attraverso una varietà di pressioni fisiche e psicologiche. Quando Omar vuole scalare il muro di nuovo, non ce la fa più e crolla in lacrime. In una forte scena indimenticabile secondo i giudizi di coloro che sono riusciti a vederne la scena che non si sa bene quando mai arriverà in Italia. Il carattere di Hany Abu-Assad rappresenta una generazione dagli orizzonti bloccati, senza professione o un progetto possibile di vita futura, una generazione privata della sua dignità. I giovani sono sempre alla ricerca di qualcosa, ma si trovano ad affrontare ogni volta la realtà dell'occupazione. 

Il film è di una bellezza accattivante e struggente. Girato nelle strade di Gaza, in diversi momenti del giorno e della notte. Ci sono scene che vanno oltre le parole, dove è sufficiente osservare i paradossi e le contraddizioni evidenziati mettendo in scena la storia di Omar: seduto in un luogo pubblico nei pressi di una cabina telefonica, in attesa di una chiamata di Tarek in fuga, mentre un cartellone sgargiante dietro di lui vanta un "patto di fiducia" per i progetti futuri. Il tono del film è scherzoso, anche nei momenti più difficili, riesce a evitare di cadere nella didattica e nei discorsi di maniera sulla situazione del discorso palestinese contro l'occupazione. Eppure, si tratta di un film politico.

A Cannes, Omar si è conquistata l'ammirazione della giuria e del pubblico plaudente (Premio della Giuria nella sezione Menzione speciale). Il critico ci dice di un Thriller di successo e mescolato a commedia, il film evita gli stereotipi e il discorso politico tout court, il tutto condito da belle immagini.
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Vi ho detto di questo film perchè sembra simile, con le dovute proporazioni, alla situazione di disagio che, in particolare, viviamo nella nostra città. Il disagio giovanile catturato da una politica sterile ed oppressiva, all'apparenza munifica di opportunita ma in effetti densa di capziosi vincoli di appartenenza, che hanno creato una caduta verticale della creatività, ancorata soltanto alla soluzione del momentaneo appagamento della miserabile mercede de poche ed alla adulazione degli sherani della cultura.
La sorpresa più grande è che la genialità del luogo, quel poco che ne è rimasto, ancora svincolato dalle nomenclature, non riesca neanche a pensarlo più un film, una sceneggiatura, una poesia, un romanzo, un progetto, che sia autentica espressione di un disagio, ricco di idee, di promesse e speranze per il futuro. 
Neanche i circoli o i partiti sono più capaci di fare alcunchè se non comunicati, sottoscrizioni in denaro o dichiarazioni d'amore più o meno piacione a questo o quell'altro social network. Presi dai personalismi meschini, insignificanti ed ingiustificati. Temo fortemente per questa gioventù soffocata ed impotente per la quale un potere stupido e onnicomprensivo sta preparando un futuro fosco e miserevole.

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