27 maggio, 2015

La donna del telefono amico dei dispersi



Una siciliana riceve chiamate dei siriani dispersi in mare, è la loro ancora di salvezza.

http://america.aljazeera.com/watch/shows/compass/articles/2015/5/7/nawal-soufi1.html

Nawal Sufi, soprannominata l'Angelo dei rifugiati, ha sempre a portata di mano il telefono per rispondere ai siriani  dispersi in mare. 

Non lo lascia mai il suo telefono cellulare. Il destino ha voluto che il numero di questa fragile ventisettenne sia quello che così tanti rifugiati siriani dispersi in mare chiamino per chiedere aiuto. 

La prima chiamata, in preda al panico, arrivò una mattina d'estate del 2013, centinaia di siriani erano dispersi nel Mediterraneo su una barca che imbarcava acqua. Colta di sorpresa, chiamò la guardia costiera italiana, che subito spiegò come aiutare i migranti a trovare le coordinate GPS loro sul loro telefono satellitare al fine di guidare i soccorsi. 

Dopo lunghe ore di silenzio, finalmente, tirò un respiro di sollievo, erano tutti al sicuro. Da allora, questa scena si è ripetuta ripetuta centinaia di volte. 

http://www.libreriadelsanto.it/libri/9788831546201/nawal.html"Una chiamata può arrivare in qualsiasi momento. Migranti in mare, che urlano 'Siamo 500 persone a bordo, non vi è più acqua, siamo in mare da 10 giorni ...' ", dice la giovane donna il cui destino singolare ne ha fatto la protagonista di un libro "Nawal, l'angelo dei profughi", pubblicato alcuni giorni fa in Italia. 

Una notte di questo mese, le ci vollero cinque ore di sforzi per calmare il suo interlocutore e ottenere le coordinate GPS della barca, l'unica informazione che conta in quei momenti. I 345 passeggeri, un terzo dei quali bambini, sono stati poi salvati. 

"L'Italia ha un sistema di accoglienza che fa acqua da tutte le parti, ma è uno dei migliori in Europa", lei ne è orgogliosa. 

Nata in Marocco ma venuta all'età di tre settimane a Catania, ai piedi dell'Etna, Nawal era appassionata alla rivoluzione siriana, nella primavera del 2011, spese notti intere sui social network, in contatto con i militanti Anti-Assad. 

Nel marzo 2013, accompagnò un'ambulanza piena di farmaci ad Aleppo, diffondendo il suo numero di telefono ad ogni riunione. Ormai questo numero circola tra i candidati alla traversata e anche se Nawal ha il numero della guardia costiera ben visibile sulla sua pagina Facebook, il telefono continua a squillare. 

Su questa pagina, in arabo, pubblica regolarmente registrazioni audio delle sue conversazioni, e commenti spesso stanchi. Perché quelli che chiamano non sempre arrivano in Italia. 

Ad ogni dramma, "Mi sento un vuoto, un vuoto che non ha alcun senso. Come è ancora possibile credere che nel 2015 la soluzione sia quella di far viaggiare quelle persone in queste barche"? Dice lei mostrando tutta la sua rabbia. 

La sera del 20 aprile, era al bacino di Catania, sperduta tra decine di giornalisti che coprivano l'arrivo dei 28 sopravvissuti di un naufragio con quasi 800 morti di due giorni prima. 

Lei manovrava nervosamente sul suo vecchio telefono, lo preferisce per la sua batteria indistruttibile: non c'è tempo per il lutto, c'è l'ennesima richiesta di aiuto. 

Per questo rito è anche interpellata da telefonate di parenti ansiosi che chiedono se il loro figlio, la madre o il marito sia sopravvissuto. Quelli, cui a volte ha tentato di affidare il suo telefono per riposare un po' glie lo hanno reso prima delle 24 ore, travolti da questa marea di angoscia. 

"Non sarebbe possibile sopportare se non la si accettasse come una missione. É pesante, ma tale è la crudeltà del mondo", dice Mussie Zerai, sacerdote che dal 2003 che riceve le richieste d'aiuto si eritrei dispersi in mare o in Libia o rapiti nel Sinai. 

"Per fortuna ci sono così tanti giovani impegnati come Nawal", aggiunge. "Ammiro il suo coraggio, questo non è facile, soprattutto per una giovane donna del sud Italia". 

Quando non è al telefono, Nawal prosegue a Catania gli studi di scienze politiche, facendo anche un lavoro part-time da interprete nei tribunali siciliani. 

Passa anche un sacco di tempo alla stazione di Catania, dove sono molti i migranti, appena arrivati, ​​in procinto di continuare il loro viaggio verso il nord Europa, nonostante le vigenti normative europee. 

"Il mio lavoro è quello di bloccare i contrabbandieri di terra, spiegando ai profughi che possono cambiare i loro dollari in banca o prendere un treno per Milano" senza bisogno di un intermediario corrotto. 

L'accusa di Aiuto all'immigrazione clandestina la fa sorridere: alla stazione, lei dispensa i suoi consigli, sotto l'occhio vigile e benevolo della polizia, felice di vederla allontanare gli "avvoltoi" che ruotano intorno ai migranti. 

Ogni notte va a dormire dalla sua famiglia, "pilastro fondamentale" che sostiene la sua azione con affetto. Sua madre, peraltro, vorrebbe vedere Nawal rispondere più rapidamente alle chiamate di quei migranti dispersi in mare. Pensa anche all'acquisto di un telefono satellitare, che abbia un numero che inizi con "++88" che le permetterebbe di risparmiare secondi preziosi. 

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